discarica abusiva in un ex-campo rom incendiato a Ponticelli

‘Tour Napoli Pulita..: discarica abusiva in un ex-campo rom incendiato a Ponticelli’

A cura di MINA (media indipendenti napoletani).

Il filmato è ora visibile su: http://www.youtube.com/v/yxKeDB4SJRQ 

e presto sarà nel palinsesto di InsuTv (canale S19 Napoli centro) e della web-tv ‘Napoli attiva’ di www.chiaianodiscarica.it
 
 
Dopo lo show berlusconiano cominciamo il tour ‘Napoli Pulita…’.

Per
denunciare come la vera emergenza rifiuti (mancanza di politiche
strutturali eco-compatibili di gestione dei rifiuti ordinari e
sversamento abusivo di rifiuti speciali) sia sempre assolutamente e
drammaticamente attuale.

Questa prima tappa è a Ponticelli, quartiere della periferia est di Napoli, in via Virginia Woolf.
La
strada è una successione di cumuli di rifiuti (gomme di auto e residui
dell’edilizia per lo più) sversati abusivamente coi camion. Nel filmato
e nelle foto si può notare in particolare come sia stato trasformato in
una discarica anche un piccolo campo dove prima vivevano i rom. Era
stato abbandonato nei giorni del pogrom e dato alle fiamme alcune
settimane fà. Et voilà, eccolo trasformato in discarica abusiva!

Drammaticamente
simbolico, perchè unisce i due pezzi forti della propaganda di governo:
la caccia ai cittadini rom (che poi finisce per riverberarsi in eccessi
‘autogestiti’ come quelli di Ponticelli..) e la presunta soluzione
dell’emergenza rifiuti.

Il filmato mostra
anche un camion mentre scarica (questa ripresa, l’unica da più
lontano, è stata fatta 4-5 giorni fà, mentre le altre sono tutte del 18
luglio mattina)

Per altro una parte dell’area
dell’ex campo rom appare oggi transennata con il nastro rosso ed è
a pochi metri dalla più grande caserma dei pompieri della zona… (ma
l’area non dovrebbe essere sotto sequestro? O per i crimini subiti dai
cittadini rom non valgono le procedure della legge ordinaria?)

Le fotografie allegate sono fotogrammi del filmato.
Fotografie con migliore risoluzione sono state realizzate dal fotografo
Carlo Herman ( che ci ha accompagnato in questa tappa del tour). Chi
vuole il filmato con miglior risoluzione può contattarci:
il nostro materiale è ovviamente free.
 
A presto per le prossime tappe..
 
MINA (Media Indipendenti Napoletani)
Rete Campana Salute e Ambiente
Posted in Generale | Comments Off on discarica abusiva in un ex-campo rom incendiato a Ponticelli

Manifestazione contro le norme razziste

La manifestazione contro le norme razziste
del ‘pacchetto sicurezza’ e la schedatura etnica dei cittadini rom
partirà venerdì 11 luglio alle ore 17.00 da piazza garibaldi (Napoli).
 
In piazza Plebiscito la
manifestazione incontrerà l’iniziativa promossa da varie
associazioni (Cantieri sociali, Comunità di Sant’Egidio, Rete Lilliput,
Psichiatria democratica, Arci, Cgil…) che consegneranno
simbolicamente le proprie impronte digitali.
 
A seguire l’appello della Rete antirazzista campana e
le adesioni finora raccolte (comunità di immigrati, associazioni
antirazziste, forze sindacali e politiche, Movimenti).  In allegato il
volantino distribuito e il manifesto.

 
 
 
Appello alla manifestazione antirazzista del 11 luglio a Napoli
 
La
schedatura etnica di migliaia di cittadini rom,  a partire dai ragazzi
minorenni, costituisce l’esordio (proprio a Napoli!) delle misure
odiose contenute nel cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’ proposto dal
governo Berlusconi. All’approvazione del parlamento in questi giorni,
si tratta di una serie di norme propagandistiche e razziste che
peggioreranno gravemente la situazione di migranti, rom e rifugiati nel
nostro paese. In considerazione della legislazione già pesantemente
discriminatoria ereditata dai precedenti governi, si rischia ora il
consolidamento di vere e proprie forme di ‘apartheid sociale’.
Viene
costituito infatti il ‘reato di immigrazione clandestina’ che
criminalizza ‘tout court’ gli immigrati irregolari, si prolunga la
detenzione dei migranti nei cpt fino a 18 mesi (!), si sancisce un
incostituzionale aggravio di pena a parità di reato se a commetterlo è
un immigrato senza permesso di soggiorno. E ancora vengono eliminate le
poche garanzie per i richiedenti asilo, irrigiditi i requisiti per i
ricongiungimenti familiari, mentre si minaccia il sequestro
dell’immobile per chi fitta un appartamento ad immigrati irregolari,
con il prevedibile effetto di un’ulteriore impennata degli affitti in
nero.
Fino alla costituzione di un ‘Commissario per 

l’emergenza rom’ a Napoli, Roma e Milano, che ci riporta a un
linguaggio e pratiche da ventennio fascista. Con lunghe fila di uomini,
donne e giovanissimi che devono rilasciare le proprie impronte digitali
esclusivamente in base alla loro ‘appartenenza etnica e sociale’.
Particolarmente simbolico che questo proveddimento esordisca proprio a
Napoli, città che ha già vissuto in questi mesi drammatiche forme di
pogrom nel quartiere Ponticelli, in cui un mix di contraddizioni
sociali, mancanza di politiche di accoglienza, interessi speculativi e
psicosi mediatiche ha fatto dei cittadini rom il proprio capro
espiatorio.
E’ questa la radiografia di un paese in cui la
‘macchina della paura’ corre a tutta velocità, moltiplicatrice di
fortune politiche a basso costo, continuamente impegnata a costruire
‘nuovi mostri’ nel vile tentativo di occultare le vere ragioni
dell’insicurezza sociale: l’aumento della precarietà e del carovita, il
disorientamento per un modello di globalizzazione senza diritti, la
progressiva disintegrazione dei sistemi di tutela verso i più deboli.
Ma
una democrazia in cui milioni di migranti, rom e rifugiati, che vivono
e lavorano in questo paese, sono esclusi dai diritti di cittadinanza,
spesso sfruttati o calpestati nella propria dignità, è una democrazia
che tende a vuotarsi della propria sostanza e rischia di diventare un
guscio vuoto per pulsioni reazionarie e populiste.
Sono in gioco
valori di libertà e di uguaglianza che ci riguardano tutti e tutte! Per
questo facciamo appello ai cittadini, alle associazioni, alle comunità
dei migranti, al mondo del lavoro, ai movimenti che non vogliono subire
il piano inclinato della guerra tra poveri, ma costruire un futuro di
diritti e dignità per tutti. Nella settimana tra il 5 e il 12 luglio in
tutta Italia si stanno costruendo mobilitazioni contro le norme
discriminatorie, per i diritti di cittadinanza e la regolarizzazione di
centinaia di migliaia di persone costrette ormai da anni al ricatto
della clandestinità. Un primo passo verso forme di mobilitazione
nazionale e magari la costruzione di uno sciopero sociale che aiuti il
nostro paese a invertire la rotta.
A Napoli ci mobiliteremo venerdì 11 luglio con una manifestazione che partirà alle ore 17.00 da piazza Garibaldi.
Chiediamo
a tutti e a tutte di partecipare e diffondere la mobilitazione, di
spiegarne le ragioni e l’urgenza anche in questo caldo mese di luglio
in cui per l’ennesima volta il mondo globalizzato assiste alla tragedia
di donne e uomini che affogano mentre attraversano il mare su
autentiche zattere… E’ il tempo di schierarsi!
 
Rete Antirazzista Campana
 
 
Prime adesioni:
Comunità del Bangladesh della Campania
Associazione senegalese di Napoli
Comunità dello Sri Lanka
Comunità palestinese di Napoli
Comitato Immigrati di Napoli
Opera Nomadi di Napoli
Cgil Napoli
Associazione 3Febbraio
Collettivo NoBorder
Confederazione Cobas
Radioazioni
Centro sociale ex-Canapificio (Ce)
Laboratorio Ska (Na)
Laboratorio Insurgencia (Na)
Csoa Officina 99 (Na)
Ya Basta – Napoli
Damm
Sinistra Critica
Red Link
Collettivo Degeneri
Collettivo operatori sociali
Area antagonista napoletana
Movimento precari Banchi Nuovi
Mda Acerra
UdN
Giuristi Democratici
Psichiatria democratica
Cantieri sociali
NEA
Associazione Less
Fiom Cgil Campaina
Federconsumatori di Napoli e della Campania
Comitato Pace e Disarmo Campano
CIR (comitato italiano rifugiati)
 
per adesioni: stoprazzismo@gmail.com
Posted in Generale | Comments Off on Manifestazione contro le norme razziste

Veneto La vergogna dei poveri nel paese dei ricchi

Repubblica — 11 giugno 2008   pagina 32   sezione: CRONACA

SCHIO. La terra più ricca del mondo nasconde il suo ultimo, imprevisto, osceno prodotto: il povero. La carriera del disperato, tra i capannoni della "Manchester d’ Italia", è facile e fulminea. Quella di Luca, 35 anni ricercatore, esemplare. È bastata la chiusura della società che gli affidava le analisi di mercato. I risparmi sono finiti in due mesi. Ora deve scegliere: o mantiene la moglie e il figlio, o paga il mutuo della casa. La sera fa il giro dei negozi per ritirare mele e pomodori che iniziano a marcire. Nella regione più elegantemente "capannonizzata" d’ Europa, dove la disoccupazione ufficiale coincide con i giorni di vacan za alla fine degli studi, non occorre però perdere il lavoro. Chi fa la coda per la borsa-spesa dei frati di S. Lucia, ha il posto fisso. A Mario è successo dopo la fine dell’ amore con Michela. Settecento euro per l’ assegno di mantenimento dei due figli, quattrocento per un nuovo affitto, centocinquanta per bollette e benzina. Divorziare è un diritto da imprenditori: un professore separato, a entrare alla Despar, non ce la fa. Ma nemmeno una sarta, come Silvana. Fino all’ anno scorso, a Valdagno, trascorreva la primavera sfogliando i cataloghi dei villaggi-vacanze in Sardegna. Perso il marito, passa il sabato a pulire magazzini. La domenica esce a pranzo con la figlia: 90 centesimi a testa, carne e contorno nella mensa della Caritas. "La festa – dice – mangiavamo sempre fuori. Non voglio che mia mamma capisca". Il fronte dei poveri più invisibili, nel Veneto dei ricchi più appariscenti, sono però le parrocchie. È ancora qui, nelle sacrestie discrete della Pedemontana, che attorno alle sette del mattino si infila un ateo esercito di bancari, operai, commesse, manovali, cameriere e pensionati. Sono gli stessi che un’ ora dopo si incontrano in giro, al lavoro. Agli immigrati contendono tre cose: vestiti, scarpe, panini. "Sono troppe – dice l’ economista Enzo Rullani – le famiglie che viaggiano sotto i 1300 euro al mese. È un segmento importante di società, alimentato da quel macigno impressionante che è la paralisi decisionale dell’ apparato pubblico". Se c’ è la gita scolastica da pagare, si spiega che il figlio ha la febbre. Quando si scopre il ticket, si rinvia la visita medica all’ autunno. Se si rompe la lavatrice, si unisce distrattamente il bucato a quello dei nonni. A Padova ha appena riaperto il vecchio banco dei pegni e le gioiellerie sono tornate ad esporre un cartello: «Compro oro». Clienti di questa mattina: signore con i denti guasti, universitari con la retta annuale, padri con la rata dell’ auto, artigiani con le cambiali per le tasse. Tutti veneti, venetissimi, normalissimi e perfino convinti serenissimi. Eppure, a Dueville, sul cavalcavia c’ è scritto: «Via i poveri». Un’ amnesia, nella culla dei «poareti» emigrati in mezzo mondo. Ma è qui, davanti ad una fila di Rolex d’ oro in vetrina, che si annuncia il vento di una crisi senza precedenti. Gli orologi sono in «offerta cresima». Dietro l’ estremità dell’ eccesso affiora l’ impercettibile punta dell’ iceberg dell’ impoverimento sommerso del Paese. Dentro, si sente lo scricchiolio di una regione ancora ricca, ma terrorizzata dallo spettro di un passato di privazioni. Una frana in movimento. «Se anche il Veneto comincia a non farcela più a stare dentro – dice don Giovanni Sandonà, direttore della Caritas di Vicenza – significa che l’ Italia ha rinunciato ad affrontare la sua emergenza più drammatica». Le cucine popolari di via Tommaseo, davanti alla stazione di Padova, occupano i duecento metri più miserabili del forziere del Nordest. Fino a tre anni fa, suor Lia serviva immigrati, barboni, prostitute e drogati. Ora la metà dei buoni-pasto viene presentata dai pendolari del centro, decorosi e umidi di colonia, e dai vecchi del quartiere Due Palazzi, sempre protetti dal berretto di lana. Sono le 13 e la mensa somiglia ad un forte assediato. Sulla strada stazionano due Mercedes grigie dei «Comitati per la sicurezza». Le ronde della Lega controllano chi entra e chi esce e distribuiscono volantini: «Via la feccia e i fannulloni». Pensavano ai clandestini. Invece scoprono che «la feccia» è sempre più «padana», sempre più «normale», sempre più «occupata», praticamente «gente di famiglia». Uno choc. «È impressionante – dice suor Lia – la rapidità dell’ incattivimento sociale. Si pretende di ghettizzare il bisogno in aree invisibili. Non vogliamo vedere la povertà perché smaschera il deserto che la genera». Il problema è che molti la misurano, ma pochi ci riescono. Tra Verona e Treviso la povertà è una colpa, una malattia, una vergogna. Chi si macchia di questo reato deve nascondere il suo sigillo. O fuggire. «Conosco famiglie – dice il poeta Andrea Zanzotto – che riprendono i treni dei nonni emigrati in Francia e Germania, o che ripartono per le Americhe. L’ onda della ricchezza sicura è passata. Ma a far soffrire di più non sono le ristrettezze: scappano dal giudizio di fratelli e amici, dal confronto impietoso con il successo dei vicini». Del resto la «zona grigia», anche nella «Cina d’ Europa», si allarga. Il Banco alimentare del Veneto, nel 2007, ha distribuito 497 tonnellate di cibo ad oltre 50 mila persone. I dormitori sono schizzati a quota 566, le mense popolari a 4974, i centri che distribuiscono vestiti a 1147. Due utenti su tre sono locali. Le famiglie povere, con meno di 1581 euro in quattro, sono 86969: 280 mila individui sotto i 582,20 euro al mese. L’ area a rischio povertà quest’ anno supererà il 12%, 530 mila persone: la seconda città della regione. Un povero su 5 ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato e il 23,9% della popolazione non è in grado di reggere una spesa imprevista. Il 16,1% fatica ad acquistare alimenti e vestiti necessari. Nell’ ultimo anno, nei ricoveri notturni della regione, la presenza di italiani è raddoppiata. Solo a Padova il 70% delle pensioni è inferiore a mille euro al mese. A Treviso l’ indigenza assoluta, in sette anni, è cresciuta di un terzo e per la prima volta supera il 5%. A Vicenza il microcredito diocesano, che offre un massimo di 3 mila euro per fronteggiare difficoltà economiche temporanee, è aumentato del 50%: sette domande su dieci sono di vicentini con il posto fisso. «Rispetto al resto d’ Italia – dice il direttore scientifico della Fondazione Nordest, Daniele Marini – restiamo un’ isola felice. Per la prima volta però le imprese chiuse superano quelle aperte e la crescita è sotto il 2%. L’ inedito impoverimento è frutto di grandi difficoltà nascoste». Tra Schio, Thiene, Bassano e Montebelluna la processione dei «neocolpevoli di povertà» inizia alle 9. È la faccia della crisi di tessile, calzaturiero e abbigliamento. Davanti ai centri per l’ impiego, fuori dalle 62 neonate «Agenzie di somministrazione di lavoro temporaneo», vagano centinaia di persone. Stipate nelle auto per dividere la benzina, fanno il giro di tutti gli sportelli. Depositano domande, verificano proposte. La maggioranza è del posto, tra i 45 e i 55 anni. Otto su dieci hanno un diploma di scuola superiore. Nove su dieci, perso il posto, non ne trovano un altro. Gli immigrati, disposti a tutto, vengono assunti direttamente. Per questo i veneti impoveriti odiano gli stranieri in fuga dalla fame. Criminalità e sicurezza coprono il problema più profondo: la concorrenza per una vita normale. Il nemico, però, è comune: Cina, India, l’ Est, il pezzo di mondo che sta scatenando il cortocircuito del Triveneto. Come a San Vendemiano. Leggendo la «Tribuna» il popolo dei mutui a tasso variabile ha scoperto che il secondo contribuente del paese, dopo Del Piero, è diventato uno sconosciuto contoterzista di Pechino. Solo protetto dall’ anonimato il direttore di un ufficio di collocamento accetta di spiegare «la devastante guerra contro il fallimento» che scuote la culla del benessere. «Il cancro – dice – sono le agenzie interinali. Dovrebbero assumere, trattenere l’ 1% dello stipendio, garantire la paga nei periodi di mobilità. Nessuno applica la legge. La crisi è drammatica, la concorrenza spietata. Si tengono fino al 15% della paga, se finisci a spasso non coprono nulla. Prendere o lasciare: i ricchi diventano ancora più ricchi e la nuova massa dei poveri, per le statistiche, non è neppure disoccupata». Antonio, 39 anni di Arsiero, bussa da due anni alla porta dei suoi «agenti». Perito meccanico, raccatta meno di 500 euro al mese facendo il facchino a giornata. In aprile, lo sfratto. La moglie, con i due figli, è tornata nell’ appartamento della madre. Troppo piccolo, per tutti. Lui, per un letto, fa il badante della zia. La famiglia si riunisce ai giardini, dove la sera mangiano triangoli di pizza avanzata. Fino al 2006 era una famiglia normale: ora sono stritolati dal prestito chiesto ad una finanziaria on-line. «Ci ostiniamo a parlare di povertà – dice il sociologo Alessandro Castegnaro – invece il dramma è la nuova vulnerabilità. In tutta Italia cresce spaventosamente una invisibile società vulnerabile, con il fiato sul collo, priva di risorse per l’ imprevisto. Si discute di Pil e competitività, si tace la mancanza di una rete di protezione contro l’ esclusione sociale, contro la nuova esposizione di massa all’ impoverimento». In pochi giorni, senza colpa, si può finire dall’ ufficio alla strada, dal tavolo di famiglia alla mensa delle suore. «La precarizzazione della vita – dice la ricercatrice Maria Bezze – è l’ incubo fuori statistica che mina la nostra civiltà». Matrimonio, lavoro, casa, pensione, possono saltare in ogni momento. Le conseguenze, psicologiche e politiche, sono incontrollabili. All’ Auchan di Mestre la «sindrome della quarta settimana» è una barzelletta vecchia. Bar e pizzerie si svuotano già con la seconda. Dalla metà del mese la pasta di marca resta sugli scaffali. Nella terza esplodono le spese con le tessere di credito. «Poi – dice la veterana delle cassiere – lavoriamo tre ore al giorno. E solo con le offerte». Una bomba innescata e sepolta. Vendere auto e telefonino, disdire il satellite e ripiegare su Jesolo, in Veneto non è un ritorno alla semplicità. «Senza negri, cinesi e zingari – dice Nicola, 52 anni, contabile in una cartiera di Rossano – ce ne sarebbe per tutti. Scegliamo quelli che ci servono e teniamoci le badanti: gli altri a casa loro». Un percorso elementare, bruciato in pochi anni: sacrifici, ricchezza, impoverimento, paura, territorialismo, xenofobia, tolleranza zero. «I numeri – dice Tiziato Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan – non bastano a leggere la vita. La miseria del Veneto, come nel resto d’ Italia, è molto peggiore di quanto appaia. I tempi di reazione dello Stato sono inadeguati e stanno per scadere. Siamo l’ unica nazione europea priva di un piano di lotta alla povertà. Si confonde il welfare con la carità, seminiamo soldi invece che organizzare servizi. Così l’ indice di disuguaglianza tra ricchi e poveri è il più alto del continente». Steso su una panchina della stazione di Verona, Tiziano non ci ha mai pensato. Ha 59 anni, da 40 lavora in una segheria. Fino a ottobre era caporeparto. Poi gli hanno scoperto una malattia rara, contratta in Costa D’ Avorio. È uscito dall’ ospedale a fine maggio. Non ha più trovato la moglie, la casa, il lavoro. Fruga nei cestini e non sa, come dice Chiara Saraceno, che «anche la Finanziaria 2008 accentua gli squilibri redistributivi e non prevede misure per il contrasto della povertà». Per lui contano solo tre parole, che ripete come un rosario: «Sono rimasto solo». È questa la condanna muta che incombe su una terra di irripetibile grandezza, apripista per il resto del Paese: il passaggio dall’ indigenza inconfessata alla rottura delle relazioni personali. L’ Italia della povertà facile regredisce nella solitudine cronica. Anche il Veneto della solidarietà, tra Schio e Mogliano, avverte per le prima volta la febbre della sconnessione sociale. «Perché siamo fatti così – dice lo scrittore Ferdinando Camon – : senza soldi e lavoro prima ci chiudiamo, poi esplodiamo. Qui nessuno si rassegna, piuttosto sparisce. Ormai o si vive in nero, o si è morti: ma se la legalità diventa un lusso per pochi, il federalismo di Bossi fa ridere. Nell’ impoverimento cresce solo una generazione violenta e pronta a tutto». Corso Palladio, a Vicenza, è la sintesi dell’ opulenza nordica al crepuscolo. Una mamma torna da scuola con la figlia. Controllano i prezzi di certe pentoline. Li scrivono in un quaderno, uno ad uno. Poi passano al negozio di biancheria, quindi dall’ orefice. Compilano cataloghi completi per altri, imminenti shopping immaginari. Un barista dice che ogni giorno è così. Fino a settembre faceva la chimica in un caseificio. Adesso, la sera, porta la bambina dagli ex suoceri, indossa il vecchio camice e bussa al santuario di Monte Berico. Non ha più un euro, mai un acquisto, pulita come la felicità. Replica la commedia di un ruolo e interpreta un sogno, come i sommersi di un Veneto nuovo. Quel «Momento», nella vita, è passato e non se ne sono accorti.

 GIAMPAOLO VISETTI

Posted in Generale | Comments Off on Veneto La vergogna dei poveri nel paese dei ricchi

Firmate la petizione contro la schedatura dei Rom

Firmate la petizione contro la schedatura dei Rom, con o senza impronte digitali

Promotori: La Voix des Rroms – Gruppo EveryOne. Il ministro
dell’interno italiano, il leghista Roberto Maroni, ha annunciato
recentemente la sua intenzione di procedere con il rilievo delle
impronte digitali dei Rrom che si trovano in Italia, compresi i
bambini. Con deplorevole cinismo, giustifica questa misura
discriminatoria con la necessità di proteggere i minori!
La proposta è stata stigmatizzata da personalità italiane della
politica e della cultura, dalla società civile, dall’Unicef, dalla
Commissione europea e dal Consiglio di Europa. Maroni, tuttavia,
continua a sostenere il suo progetto. Il governo Berlusconi è criticato
in Europa e nel mondo democratico per le sue politiche persecutorie nei
confronti dei Rrom.

L’Indipendent ha definito questo suo atteggiamento, nell’editoriale
del 27 giugno, "un raptus di crudeltà" e ha definito il ministro Maroni
come un uomo "tristemente noto per il suo atteggiamento xenofobico".
L’editoriale si conclude con questa lapidaria considerazione: "Ogni
atto di violenza popolare contro gli stranieri, ogni caso di
discriminazione ufficiale nei confronti dei Rrom diminuisce la pretesa
del Paese di essere considerato una nazione civile".
Siamo completamente d’accordo e diciamo NO a un atteggiamento che
richiama gli anni più foschi della Storia europea e mondiale. Non
dimentichiamo che i Rrom sono stati usati spesso come cavie per le
politiche di persecuzione e sterminio, come quei bambini Rrom
cecoslovacchi sui quali i nazisti sperimentarono lo Zyklon B, prima di
utilizzarlo nelle camere a gas.
Firmate la petizione contro la schedatura etnica dei Rom e impedite il ritorno della peste bruna:

http://www.petitiononline.com/08041971/petition.html

Posted in Generale | Comments Off on Firmate la petizione contro la schedatura dei Rom

REPUBBLICA AMMETTE: GLI INCENERITORI FANNO STRAGE

Jacopo Fo – REPUBBLICA AMMETTE: GLI INCENERITORI FANNO STRAGE! MA NON LO DICE IN PRIMA PAGINA E NON CHIEDE SCUSA A BEPPE GRILLO!

Mi
diverto. E’ ormai chiaro che dentro i giornali italiani si combatte una
battaglia durissima tra i direttori e un pugno di giornalisti che si
rifiutano di tacere sempre e comunque. Così abbiamo delle piccole
soddisfazioni: alcune notizie bomba finalmente vengono pubblicate. Non
le vedete in prima pagina, non hanno titoli a 9 colonne, non sono
correlate da interviste e commenti. Però le notizie escono. Ad esempio
vengono pubblicate sul numero 1052 del Venerdì di Repubblica (16
maggio) a pagina 90 (coincidenza o magia alchemica il fatto che la
paura nella Smorfia napoletana corrisponde al numero novanta?). Ecco
l’articoletto, secco secco. Un grande pezzo di sintesi giornalistica,
probabilmente contrattato parola per parola in riunioni infuocate dei
caporedattori, oppure sfuggito per errore alla penna rossa dei censori…
Questo articolo credo che alla fine sia uscito perchè protetto dalla
Divina Provvidenza in persona, è comunque stato stampato, nero su
bianco, e ci dice che 435 (QUATTROCENTOTRENTACINQUE) ricerche
scientifiche internazionali provano un aumento di tumori e nascite
malformi spaventoso in prossimità dei termovalorizzatori. Senza
commento. Senza due righe di scuse verso il povero Beppe Grillo
accusato con ogni tipo di cattiveria dalle colonne dello stesso
giornale per essersi permesso di dire esattamente la stessa cosa: gli
inceneritori puoi anche chiamarli termovalorizzatori ma ti ammazzano
comunque. Una nota stilistica che permette di capire appieno il
meccanismo perverso utilizzato dai media per rendere di scarso
interesse notizie di importanza capitale. Il titolo può essere un modo
per indurre le persone a leggere un articolo oppure a non leggerlo. Se
questo articolo fosse stato: ‘Aveva ragione Grillo gli inceneritori
uccidono!’ Avrebbe destato grande curiosità. Allora lo hanno intitolato
in modo tale da tagliargli le gambe: ‘Emissioni: Una ricerca francese
sottolinea il rapporto diossina-cancro. QUANDO LA SALUTE SE NE VA IN
FUMO (TOSSICO). Capisci l’astuzia: non ti dice che le ricerche sono
435, come viene specificato poi nell’articolo. Non si pronuncia la
parola proibita INCENERITORE. Si parla di EMISSIONI… Termine vago come
la melma. Questa tattica in effetti funziona. I lettori accorti dicono:
‘Però alla fine Repubblica le notizie le dà!’ E continuano a comprarla.
Mentre il 95 per cento dei lettori, un po’ meno attenti, non si accorge
di quella notizia così imbarazzante. Prova ne è che sono passati 5
giorni dall’uscita del Venerdì e se cerchi sul web: ‘diossina istituto
statale di sorveglianza sanitaria francese’, non trovi niente a
proposito di questa colossale notizia! E non trovi niente neanche se
digiti ‘diossina 435 ricerche PubMed’.
Comunque giudica tu: ecco il
testo integrale: ‘Nelle popolazioni che vivono in prossimità di
impianti di incenerimento dei rifiuti è stato riscontrato un aumento
dei casi di cancro dal 6 al 20 per cento. Lo dice una ricerca, resa
pubblica dall’istituto statale di sorveglianza sanitaria francese,
l’ultima delle 435 ricerche consultabili presso la biblioteca
scientifica internazionale Pub Med (www.ncbi.nim.nih.gov)
che rilevano danni alla salute causati dai termovalorizzatori per le
loro emissioni di diossina, prodotta dalla combustione della plastica
insieme ad altri materiali. Questa molecola deve la sua micidiale
azione ala capacità di concentrarsi negli organismi viventi e di
penetrare nelle cellule. Qui va a ‘inceppare’ uno dei principali
meccanismi di controllo del Dna, scatenando le alterazioni dei geni che
poi portano il cancro e le malformazioni neonatali.’ (Il pezzo non è
firmato ma sta all’interno di una specie di box dentro un articolo di
Arnaldo D’Amico). Spero ci si renda conto dell’importanza
dell’ufficializzazione di una simile notizia: e ti invito quindi a
farla girare e ripubblicarla sul tuo sito. Se riusciamo a far sapere a
molti italiani come funziona questo giochetto dell’informazione
ridimensionata (non censurata, non libera, omogenizzata) potremmo
creare qualche altro problema ai signori dei giornali. Loro ormai lo
sanno che chi legge i quotidiani poi va su internet… FACCIAMOLI
PIANGERE! CITIAMOLI A MARTELLO OGNI VOLTA CHE PER SBAGLIO DICONO LA
VERITA’. (Usare la forza dell’avversario per farlo cadere).

Posted in Generale | Comments Off on REPUBBLICA AMMETTE: GLI INCENERITORI FANNO STRAGE

pulizia etnica a ponticelli

In motorino con le molotov «È la nostra pulizia etnica»

Le bande di incendiari partono dal fortino del boss

NAPOLI — All’inizio è soltanto una colonna di fumo, un segnale che
nessuno collega allo sciame di motorini che attraversano sparati
l’incrocio di via Argine, due ragazzi in sella a ogni scooter.

L’esplosione arriva qualche attimo dopo, sono le bombole del gas
custodite in una baracca avvolta dal fuoco. Le fiamme arrivano fino
all’estremità dei pali della luce, il fumo diventa una nuvola nera e
tossica, gonfia com’è di rifiuti e plastica che stanno bruciando. Le
baracche dei Rom di via Malibrand sono un enorme rogo.

Ponticelli, ore 13.30, la resa dei conti con gli «zingari» è
definitiva, senza pietà. Il traffico che impazzisce, il suono delle
sirene, i camion dei pompieri, carta annerita che volteggia nell’aria,
i poliziotti di guardia all’accampamento che si guardano in faccia,
perplessi. Loro stavano davanti, quelli con il motorino sono arrivati
da dietro. Allargano le braccia, succede, non è poi così grave, tanto i
rom se n’erano andati nella notte. «Meglio se c’erano», si rammarica un
signore in tuta nera dell’Adidas. «Quelli dovrebbero ammazzarli tutti».
Parla dall’abitacolo della sua Punto, in bella evidenza sul cruscotto
c’è un santino, «Santa Maria dell’Arco, proteggimi».

Il primo spettacolo, perché ce ne saranno altri, va in scena davanti
alla Villa comunale, l’unica oasi verde, con annessa pista ciclabile,
di questo quartiere alla periferia orientale di Napoli, dove
l’orizzonte è delimitato dalle vecchie case popolari figlie della
speculazione edilizia voluta da Achille Lauro. Un uomo brizzolato con
un giubbotto di jeans sulle spalle è il più entusiasta. «Chi fatica
onestamente può anche restare, ma per gli altri bisogna prendere
precauzioni, anche con il fuoco». Il fuoco purifica, bonifica il
terreno «da queste merde che non si lavano mai», aggiunge un ragazzo
con occhiali a specchio, capelli impomatati, maglietta alla moda con il
cuore disegnato sopra, quella prodotta da Vieri e Maldini. Siccome non
c’è democrazia e lo Stato non ci protegge, dice, «la pulizia etnica si
fa necessaria» e chissà se capisce davvero il significato di quella
frase.

Quando si fanno avanti le televisioni, la realtà diventa recita, si
imbellisce. Il donnone con la sporta della spesa che un attimo prima
batteva le mani e inveiva contro i pompieri — «lasciateli bruciare,
altrimenti tornano»—assume di colpo la faccia contrita, Madonna mia che
disastro, poveracci, meno male che là dentro non ci stanno le creature.
Il ragazzo con gli occhialoni a specchio diventa saggio all’improvviso:
«Giusto cacciarli, ma non così». La telecamera si spegne, lui scoppia a
ridere. Sotto a un albero dall’altra parte della strada c’è un gruppo
di ragazzi che osserva la scena. Guardano tutto e tutti, nessuno li
guarda. Sembrano invisibili. I loro scooter sono parcheggiati sul
marciapiede. Il capo è un ragazzo con una maglietta nera aderente, i
capelli tagliati cortissimi ai lati della testa. Tutti i presenti sanno
chi è, ne conoscono con precisione il grado e la parentela. È uno dei
nipoti del cugino del «sindaco » di Ponticelli, quel Ciro Sarno che
anche dal carcere continua ad essere il signore del quartiere, capo di
un clan di camorra che ha fatto del radicamento nel quartiere la sua
forza. Quando vede che la confusione è al massimo, fa un cenno agli
altri. Si muovono, accendono i motorini. Dieci minuti dopo, dal campo
adiacente, quello di fronte ai palazzoni da dodici piani chiamati le
Cinque torri, si alza un’altra nuvola di fumo denso e spesso.
L’accampamento è delimitato da una massicciata di rifiuti e copertoni.
Sono i primi a bruciare, con il fumo che avvolge le case popolari. La
claque si sposta, ad appena 200 metri c’è un nuovo incendio da
applaudire. I ragazzi in motorino scompaiono.

La radio di una Volante informa che ci sono fiamme anche nei due campi
di via Virginia Woolf, al confine con il comune di Cercola. Sul prato
bagnato ci sono un paio di rudimentali bombe incendiarie. I rom sono
scappati in fretta. Nelle baracche ci sono ancora le pentole sui
fornelli, gli zaini dei bambini. All’ingresso di una di queste
abitazioni in lamiera e compensato, tenute insieme da una gomma
spugnosa, c’è un quadro con cornice che contiene la foto ingrandita di
un bimbo sorridente, vestito da Pulcinella. Florin, carnevale 2008, la
festa della scuola elementare di Ponticelli. Alle 14.50 comincia a
diluviare, una pioggia battente che spegne tutto. «Era meglio finire il
lavoro», dice un anziano mentre si ripara sotto ad una tettoia della
Villa comunale.

Mezz’ora più tardi, nel rione De Gasperi si vedono molte delle facce
giovani che salivano e scendevano dai motorini. È il fortino dei Sarno,
un grumo di case cinte da un vecchio muro, con una sola strada per
entrare e una per uscire, con vedette che fingono di leggere il
giornale su una panchina e invece sono pagate per segnalare chi va e
soprattutto chi viene. Ma questa caccia all’uomo non si spiega solo con
la camorra. Sarebbe persino consolante, però non è così.

Sotto al cavalcavia della Napoli-Salerno ci sono gli ultimi tre campi
Rom ancora abitati. Dai lastroni di cemento dell’autostrada cadono
fiotti di acqua marrone sulle baracche, recintate da una serie di
pannelli in legno. Un gruppo di donne e ragazzi che abita nelle case
più fatiscenti, quelle in via delle Madonnelle, attraversa la piazza e
si fa avanti. «Venite fuori che vi ammazziamo», «Abbiamo pronti i
bastoni». La polizia si mette in mezzo, un ispettore cerca di far
ragionare queste donne furenti. Siete brava gente, dice, la domenica
andate in chiesa, e adesso volete buttare per strada dei poveri
bambini? «Sììììì» è il coro di risposta.

Dai pannelli divelti si affaccia una ragazza, il capo coperto da un
foulard fradicio di pioggia. Trema, di freddo e paura. Quasi per
proteggersi, tiene al seno una bambina di pochi mesi. Saluta una delle
donne più esagitate, una signora in carne, che indossa un giubbino di
pelo grigio. La conosce. «Stanotte partiamo. Per favore, non fateci del
male ». La signora ascolta in silenzio. Poi muove un passo verso la
rom, e sputa. Sbaglia bersaglio, colpisce in faccia la bambina.
L’ispettore, che stava sulla traiettoria dello sputo, incenerisce con
lo sguardo la donna. Tutti gli altri applaudono. «Brava, bravissima».
Avanti verso il Medioevo, ognuno con il suo passo.

Marco Imarisio

Posted in Generale | Comments Off on pulizia etnica a ponticelli

Peppino Impastato

Oggi oltre la ricorrenza dell’uccisione del martire aldo moro, ricordiamo anche l’uccisione per mano della mafia del compagno Peppino Impastato.

 

                               

"Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!" (‘Cento passi’ di M.T. Giordana)

Posted in Generale | Comments Off on Peppino Impastato

polizia carica operai a napoli piazza dei martiri napoli

le cariche sotto l’unione industriali, un operaio è a terra svenuto, riporterà tre traumi cranici.

http://www.youtube.com/watch?v=vDA43a3T1hE

Posted in Generale | Comments Off on polizia carica operai a napoli piazza dei martiri napoli

trasporti all’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco – VIDEO

http://www.youtube.com/watch?v=nkAYuta2TDQ

Posted in Generale | Comments Off on trasporti all’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco – VIDEO

Cariche alla Fiat di Pomigliano

Cariche a Pomigliano: feriti e fermato un operaio

Mentre il centrosinistra, in tutte le sue componenti, si interroga
sulle ragioni della batosta ed il centrodestra è impegnato nei bagordi
post-elettorali, la Fiat dà il via libera all’intervento della polizia..
4 lavoratori sono rimasti feriti e sono ricorsi alle cure mediche, ma
nonostante ciò gli operai non sono scappati ed i blocchi permangono.
Di fronte alla giusta determinazione degli operai le forze del
dis-ordine caricano per la seconda volta e duramente. Ci sono molti
feriti.
Al momento il blocco continua e continuerà almeno fino al rilascio dell’operaio fermato.
Domani alle ore 15 in concomitanza con l’incontro, tra sindacati e
vertici aziendali, che si terrà all’Unione degli industriali a p.zza
dei Martiri a Napoli, presidio di tutti i lavoratori. Sarà presente
all’incontro anche una delegazione di operai ancora in “formazione”.

Non li lasceremo decidere da soli del nostro futuro!

No all’esternalizzazione dei 316
No a precarietà e sfruttamento.
No al piano Marchionne!

Uniti si vince!

15/04/2008 Pomiglianod’Arco

Cobas Fiat Pomigliano-Cobas del Lavoro Privato
Confederazione Cobas

Posted in Generale | Comments Off on Cariche alla Fiat di Pomigliano